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I RACCONTI DELL'OLIO N.3 - UOMINI E OLIO

Posted 6 Febbraio by Olio Conte Racconti 0  Comments

Uomini e olio

Ogni mattina la sveglia è alle sei, per prepararsi ad andare nei campi alle sette insieme alla squadra. E’ il mese di ottobre e Giorgio sa che l’olio migliore è quello prodotto tra ottobre e novembre, anche se la resa delle olive è bassa. Nei primi giorni del mese ha formato la squadra di raccoglitori, una decina di persone che aiuta nella faticosa raccolta: Ronzino, Vito, Michele, Rocco, Nino, Donato, Nzino, Paoluccio, Salvatore e Uccio. Braccio destro per tutta la campagna è suo fratello Antonio. Un duo collaudato da anni. Il lavoro è facilitato dai mezzi meccanici: abbacchiatori a pettine alimentati da aria compressa, che quattro di loro usano. Gli alberi cedono volentieri i loro frutti per iniziare una nuova fase di riposo. Giorgio non ama i grandi abbacchiatori che rovesciano, su un ombrello aperto, quintali di olive scuotendo energicamente il tronco. E’ troppo forte il trauma provocato agli alberi. L’azione dei pettini è meno invasiva anche se fa raccogliere meno olive. Tutti sanno cosa fare: disporre i teli sotto l’ulivo, attendere la bacchiatura aiutando a pulire i rami bassi, ripiegare i teli e versare le olive nei cassoni. E’ un lavoro di squadra che richiede sintonia, altrimenti si rallenta il ritmo. Alle nove Giorgio dà la pausa e tutti bevono un caffè caldo, portato nel termos. I due fratelli hanno imparato ad amare la terra dal padre Luigi, che ha imparato dal suo, che ha imparato dal padre… La vita all’aria aperta, anche se impegnativa, è la più bella. Giorgio e Antonio hanno anche loro scelto la terra e si aiutano a vicenda. Una volta raccolte le olive vengono portate nel frantoio aziendale, realizzato con i risparmi di due vite. Il frantoio è moderno, a ciclo continuo, capace di molire dieci quintali in un’ora. Il raccolto è diviso secondo le varietà. Il lavoro impegnativo non è paragonabile a quello della generazione paterna e ancor meno a quello di qualche secolo prima. Adesso a lavorare nel frantoio bastano lui, il fratello ed un operaio. Giorgio ricorda con piacere i giorni di raccolta dei tempi paterni: erano impegnate squadre di uomini e donne con gonne e fazzoletti variopinti che garrivano al vento. Lui ed i fratelli vi partecipavano per gioco facendosi scherzi e dispetti. Le voci si sovrapponevano e raccontavano vicende del passato e del presente, oltre a cantare melodie della tradizione locale, narranti storie del lavoro faticoso, dell’emigrazione e del corteggiamento. Alcune struggenti altre allegre si mescolavano alle canzoni del festival di San Remo, che si vedeva tutti insieme nelle poche case dotate di televisore. Mamma Lucia al primo olio entrava in agitazione perché doveva cucinare sul fuoco la “pignata” di piselli secchi per la famiglia e per i lavoranti. Poi i legumi erano conditi con il nuovo fragrante olio, e accompagnati da fette di pane casereccio. Che bontà! L’olio era rigorosamente usato a crudo per capirne le caratteristiche. Tutti partecipavano ad un pranzo di semplici e gustose pietanze, dominato dall’allegria. Quando il rito finiva con la certezza che il nuovo olio era buono la giornata era finita, e si andava a letto con il pensiero rivolto all’indomani. Tata Luigi era un gran lavoratore e non si risparmiava, dando il buon esempio agli altri. A dargli una mano vi era il fratello, lo zio Cenzi, che era stato accolto come membro della famiglia. Giorgio è spesso assorto in pensieri che lo riportano al passato ma ama il presente. Ogni volta che entra nel locale è orgoglioso, perché ha realizzato il sogno della famiglia: un frantoio. Gli basta accendere l’interruttore per dar via al processo di lavorazione a freddo ed ottenere olio extravergine. Le olive vengono lavate e defogliate poi, portate dal nastro trasportatore, arrivano al frangitore. La pasta ottenuta va alla gramolatrice che consente alle particelle minuscole di aggregarsi per formare gocce di olio. Il tutto è inviato al decanter che provvede alla separazione dei composti: olio, acqua di vegetazione e sansa. Il primo è raccolto in fusti d’acciaio e il resto inviato in spazi appositi per poi essere smaltito. Quanto era più difficile un tempo! I frantoi erano ipogei per avere un ambiente caldo con temperatura costante ed impedire la solidificazione delle particelle di olio. Spesso i locali erano grotte o cripte basiliane convertite a tale uso. I lavoranti restavano chiusi lì dentro per lunghi mesi. Molti frantoi si trovavano nei paesi costieri, dove gli abitanti d’autunno-inverno facevano i frantoiani e di primavera-estate i marinai. Per questo il gergo usato era composto anche da termini marinari. Il lavoro durissimo proseguiva ventiquattro ore su ventiquattro e vi partecipavano uomini ed animali, con turni di riposo fatti all’interno, per essere sempre disponibili ad ogni evenienza. I frantoiani erano detti “trappitari” ed il loro capo era il “nachiro”, mentre gli animali erano asini e muli che tiravano le macine con movimento circolare. I contadini svuotavano i sacchi senza entrare nel frantoio, attraverso apposite aperture. Le olive poste nella vasca venivano frantumate da enormi macine di pietra. Poi la pasta era posta manualmente nei fiscoli ( tasche di corda o giunco)che, messi sotto il torchio, rilasciavano l’olio. Le unità di misura dell’olio più usate erano “ lu staru”(16 Kg), “la mina”(8 Kg) e “ lu pignatieddhu”( 1/2Kg), mentre per misurare le olive si usavano soprattutto “ lu tumulu”(40 Kg), “la vascata”( 6 tumuli), “ lu stuppieddhu”(10 Kg). Al frantoio, o trappeto, si accedeva mediante una scala che portava ad un grande vano, dove si trovava la vasca con le macine. Nello stesso locale vi erano il torchio e diverse vasche di deposito, scavate nella roccia del pavimento. Al vano principale erano collegati altri, destinati a stalla, cucina e dormitorio. Quanto è più facile per Giorgio! Finita la giornata lavorativa tutti ritornano a casa per godere dell’affetto della famiglia e ricominciare il giorno dopo ritemprati nel corpo e nello spirito. L’olio extravergine, confezionato in bottiglie e lattine di varia capienza, ha la fatica della vita rappresentata sull’etichetta: due figure, un uomo e una donna che sorreggono il sole, svelano l’idea che l’esistenza è dovuta all’energia solare supportata dal lavoro di uomini e donne, ma suggeriscono anche il lavoro necessario per produrre olio. L’oro verde è a disposizione di bongustai e salutisti, con le fragranze che raccontano una terra: il Salento.

A.R.G.